mercoledì 2 febbraio 2011

Cosa succede ad invitare un’aquila ad una festa.

L’aquila se ne stava tranquillamente appollaiata sul suo ramo preferito, quello del pino silvestre in cima alla rupe che somiglia ad un gabbiano. Si lascia accarezzare dalla brezza, così fresca e vitale, e osserva le nuvole che si rincorrono nel cielo, divertendosi a scovare le figure di oggetti che le piacciono in quegli immateriali ammassi gassosi. Là nulla esiste e nulla resta, ed Aquila scorda completamente i suoi problemi facendosi dolcemente invadere da pensieri eterei e fantasie improbabili.
Ad un tratto, spunta coniglio.
-Ehi Aquila, oggi è il mio compleanno e di giù diamo una gran festa. Si mangia e ci si diverte, tu vieni vero?
Le chiede con quel sorriso che riesce sempre a sciogliere il dolore nel cuore del rapace.

Ovviamente Aquila è contentissima che Coniglio voglia condividere la sua felicità con lei, e si prepara a raggiungerlo con un sorriso spiaccicato sul volto.
Così, si appresta a scendere dal ramo e calare in picchiata là dov’è il luogo del raduno.
Dall’alto vede tutti!
Ci stanno anche lo stregatto e l’osso. Gli sorride, e scende ancora più in basso.
Tocca il suolo con una zampa.

Appena si stabilizza sul suolo, si sente un po’ a disagio.
Gli artigli, creati per afferrare rami, gli si ricurvano all’indietro e non riesce bene a tenere l’equilibrio.
Sentendosi dannatamente impacciata, prova ad appollaiarsi su un sasso, quello più basso che trova, per non farsi sentire troppo distaccata ma nemmeno troppo partecipe.
Vede intorno a lei volti amichevoli e pensa:
“Qui di sicuro non si può star male, non leggo ostilità in nessun volto. Quindi calmiamoci e cerchiamo di non isolarci troppo”.
Così Aquila cerca di integrarsi nei discorsi degli invitati. Non sono ne noiosi ne immorali, ma non riesce lo stesso a dire niente.
Coniglio scorrazza là intorno, gioendo della presenza di tutti.
Aquila la osserva, e spera che non si giri a guardarla.
Ad Aquila vengono in mente i tempi in cui era solo un pollo, uno stupido pollo che ancora non aveva capito di essere un’aquila, non una gallina, e si sente stranita, persino triste. Ricorda di quando per lei i contatti erano solo un altro modo per farla sentire esclusa. Non capisce come fa a sentirsi triste in un momento così felice. Non capisce nemmeno come diamine è arrivata a certi ragionamenti.
Distoglie lo sguardo dal passato e lo riproietta sul presente.
Già, cosa è cambiato dal passato al presente?
E’ sempre egoista, incapace di gioire della felicità altrui. È peggiorata ogni giorno di più da allora. Scappando sul suo ramo, distaccandosi da tutti ha solo peggiorato se stessa.
Troppa materialità, troppi contatti laggiù.
Eppure fa uno sforzo, lo fa per Coniglio.
Ormai è nervosa.
Comincia a mordicchiare insistentemente Osso che sopporta in modo epico, roba da farci un epopea. Altro che Giobbe.
Ogni tanto inconsciamente se ne vola su un ramo là vicino, guarda in alto per un po’, riprende ad osservare le nuvole, si accorge che quello non è il comportamento adatto e torna a terra.
Adesso la faccenda sta cominciando a farsi grave. Non ha più fame, le gira la testa e ha i crampi allo stomaco.
Ma com’è possibile che riesca a stare così male? Possibile che sia davvero così disadattata?
No. Si rifiuta di crederci.

Finita la festa fa un cortese sorriso a tutti, sperando visceralmente che nessuno si sia accorto di quello che è successo.
Per fortuna Coniglio sorride ancora, ed è un sorriso vero. Meno male che c’è Coniglio.

Tornata a casa Aquila non fa altro che prendere a testate l’albero sperando che in un qualche misterioso modo rinsavisca dalla sua assurda e imbarazzante personalità.
Credeva di essersi accettata, credeva che ormai certe situazioni non si sarebbero mai più ripetute, che ormai fosse a posto.
E ancora una volta pensa a Coniglio. Aquila non riesce a dirglielo, anche se sa che deve. Non può mentirle. Non a lei.
Ma non avrà mai la forza necessaria per dirle ciò che la logora.
Così eccola qua, a scrivere un post che spera Coniglio non legga mai.

Ecco cosa succede ad invitare un’aquila ad una festa.

Fanculo a me, magari un giorno crescerò anch’io.