domenica 30 gennaio 2011

RododenTro


Il primo post che ho scritto ha suscitato parecchi commenti.
Alcuni dicevano che wow sono troppo una ganza, altri che scrivo male, altri ancora si stupivano che da un essere così mediocre come me poteva scaturirne un blog.

Sorvolando queste interessanti opinioni, quello che più di tutti è stato declamato è il seguente:
-Lady, la parola rododendro fa terribilmente schifo.
Com’era possibile?
Ai miei orecchi nulla suonava più eufonico ed inebriante  della parola ‘rododendro’.
È così arrotolata, lunga e difficile da coniugare. Sulla lista dei miei termini preferiti sta alla n° 1, seguito da ‘paraurti’, ‘pterodattilo’ e ‘psichedelico’.
Anche ‘giaguaro’ spacca.

Eppure, nonostante queste miei fondatissimi e inattaccabili gusti, il loro raccapriccio rimaneva.

Sono allora dovuta andare a cercare la causa del mio (a quanto pare) infondato amore altrove.
Dopo un po’ di rimuginamento allietato dalla contemplazione di una ghiandaia che stava appollaiata davanti la mia finestra e cazzo sono tanto belle ma hanno una voce da trita timpano, mi è passata nel teleschermo celebrale questa risposta: RODO DENTRO.

Ecco perché!
Non avevo mai immaginato un risvolto della trama così poetico, che fosse anche un ingegnoso gioco di parole!

È vero, rodo tantissimo dentro.
Mi è difficilissimo esternare le emozioni negative sotto forma di parole, diciamo che ho un tacito compromesso col mio corpo che quando sto male di testa sto male anche fisicamente.
Pensate un po’: per tre anni di seguito non la smettevo di vomitare e i dottori di tutti gli ospedali della zona si arrovellavano per capire quale sconosciuto morbo e malattia degenerativa potessi avere, e io mi sentivo tanto una paziente de Dottor House e la cosa mi divertiva da morire e cavolo se sono bastarda!  
La risposta però era talmente semplice e paradossale che nessuno ci aveva pensato: mi faceva schifo quasi tutto, mi facevano schifo le persone e gli ambienti che ero costretta a frequentare.
Mi facevano letteralmente ‘vomitare’.
Ma nessuno ci aveva pensato perché  nessuno guarda all'interno degli altri.
E non avevano tantomeno fatto i conti con la mia ipersensibilità.
Ecco cosa succede a sottovalutare una Lady dei Rododendri.

E la volete sapere una cosa?
Nonostante avessero infine capito la causa del mio male, non è cambiato proprio nulla di nulla. Sto esattamente come prima.
Chi mai mi ha davvero aiutato?
Ma, parlandoci chiaramente, chi si è mai davvero interessato al fatto che mi ‘ammalo’ troppo spesso (a parte i pochissimi che possa chiamare amici)?
A chi dovrebbe interessare, in effetti.
Eppure quelle che non mi stanno ancora bene sono le persone che spuntano come margherite dicendo:
-Ehi, cèè stai tipo troppo uno sbattimento, vedi di curarti ganza!

A voi non urterebbero un po’ tanto i commenti sulle vostre occhiaie, fatti così a freddo, mentre magari non dormite da una settimana e avete il fottutissimo bisogno di riposare e di sentirvi in un clima a voi amico?
Spero davvero che molti di quelli che conosco appartenenti alla categoria sopracitata leggano questo post.
Chissà, magari prima di urtare a quella maniera la gente si faranno due domandine.

La prima che consiglierei è questa: ‘Perché non tengo per me le mie urtanti considerazioni e vado a fare qualcosa di utile per l’umanità?’

‘Urtanti’.  ‘Urtare’.
Ho scoperto che mi piacciono anche queste parole.
Quindi non scassate se le ripeto.

domenica 16 gennaio 2011

Le persone migliori sono gli animali.

Nella mia vita ho incontrato molte persone.

Ho incontrato dei lupi che ringhiavano per difendere;
Ho incontrato un pavone che nascondeva sotto la sua coda sfavillante ciò che non voleva mostrare agli altri;
Ho incontrato un corvo che a forza di ingoiare tutto il male che riceveva si è rovinato la voce ed ora è costretto a gracchiare;
Ho incontrato una iena che aveva stampato in faccia un ghigno che gli avresti spaccato l’intera mascella a legnate, ma poi ti accorgi che quello è solo ciò che è rimasto di una smorfia di dolore, tanto impressa nel viso da rimanerci per sempre;
Ho incontrato un coniglio che aveva paura di uscire dalla tana, ma era così coraggioso da rimanere comunque una debole preda perché AMAVA essere un coniglio, amava la sua tana e amava la sua famiglia;
Ho incontrato uno sciacallo che rifiutava il branco del lupo solo perché si sentiva dannatamente solo.

E come dimenticarsi dei blog di Faina Incazzosa e del Ragno Velenoso.

Ora, tutto questo non è solo il frutto dell’ennesimo cannone d’erba, è la realtà delle persone a cui voglio bene vista dai miei occhi di Lady Rododendra.

Tutte le persone che rispetto hanno in un certo senso ‘rinnegato’ la loro umanità. La hanno sorpassata, vedendo cosa significasse appartenere a questa razza.
Siamo sempre umani, è vero, ma dentro qualcosa è cambiato.
Dentro di noi un lupo comincia a ringhiare, un corvo incomincia a desiderare di volare e uno sciacallo comincia ad ululare.

Si vuole essere diversi, non diversi nel senso ‘guardate quanto sono TRASHHHH’,: diversi nel pensare, diversi nel vedere il mondo, diversi nel trattare gli altri umani.

…Io?
Io sono solo una aquila cresciuta in un branco di lupi.
Una cosiddetta aquila da branco.
...Non esiste?
Fottenesega.

giovedì 13 gennaio 2011

Gli unici momenti della vita dove tutto fila liscio come bradipi sul ghiaccio.


I momenti nella vita in cui tutto fila liscio sono due:
 1) Quando scrivi;
 2) Quando disegni.

Magari è stata una giornata orribile di una settimana orribile di una vita orribile, e voi siete appena tornati a casa.
Non vi va ne di accendere la TV perché dicono solo stronzate ne di aprire facebook perché dicono solo stronzate.

Così vi ritrovate davanti a una distesa di carta, e usate la matita come fosse una gru con la voglia matta di costruire su quella vuota distesa un castello di tutto quello si aggira nella vostra testa da giorni.

Incominciano a delinearsi le prime forme, i  primi pensieri, e intanto la gru continua a costruire e senti che finalmente sei capace di fare qualcosa e ti senti diverso da cinque minuti fa dove tutto quello che riuscivi ad esternare era solo insofferenza e una voglia matta di sentirsi a proprio agio.

E tutto quello che sembrava solo uno spazio bianco sul foglio e nel cervello prende forma, sotto forma di lettere, di linee e di pensieri e tutto quello che avevi in testa sta nel foglio come se ti guardassi in uno specchio e non importa se non metto un minimo di punteggiatura dall’inizio della frase o che sia una giornata orribile di una settimana orribile di una vita orribile, l’unica cosa che conta è che nulla può andare storto finché ci saranno quella matita e quel foglio ad aspettarti a casa mentre su facebook e in TV  e in giro per il mondo dicono solo stronzate.

mercoledì 12 gennaio 2011

‘E cercavo solo un altro posto dove sentirmi pienamente a disagio’ [cit]


-Lady, cosa ti ha portato a scrivere un blog?

Direi che la mia risposta sta nel titolo di questo post.
Ora vi spiego.

Nella vita, tutti cercano di essere sempre nel posto giusto, nel momento giusto, col make up giusto e l’atteggiamento giusto.

Questo tipo di comportamento non è presente da sempre.
Io cominciai ad osservarlo verso la quinta elementare.  Le bambine della mia classe non giocavano più ai pirati con me, preferivano decidere come pettinarsi  i capelli e cosa indossare in funzione all’ultimo giornaletto uscito in edicola, dove potevano osservare ‘le star’ nella loro vita che credevano fosse perfetta e da realizzati.
Osservando questo comportamento che non rientrava proprio nei miei canoni, pensai che c’era qualcosa di sbagliato in me. Perché invece di mettere una gonna preferivo usare dei più comodi e pratici pantaloni. Perché invece  di passare una giornata a guardarmi allo specchio e vedere cosa non andava nella mia faccia preferivo disegnare. Perché invece di guardare quella cagata di Paso Adelante passavo i pomeriggi a leggere.

La situazione degenerò alle medie.  
Lì se non ti sei come loro diventi un emarginato sociale, non più un’ esuberante ragazzina fuori dagli schemi.
Allora cominciai a cercare di sembrare una di loro.
Dovete sapere inoltre che io abito in un quartiere dove la gente, in particolare ragazze e donne di tutte le età, si mettono in tacchi per uscire a buttare la spazzatura. Quindi in un modo o nell’altro io dovevo essere sempre perfetta.
Ma non ci riuscivo, perché dentro di me, in ogni momento della giornata, sentivo la mia personalità che agognava di uscire e respirare.
Io però me ne vergognavo troppo.

Cosa successe poi?
Successe che mi ero rotta. Ogni volta che vedevo stampato sulla mia faccia lo stesso sorriso da oca petulante che tanto odiavo vedere in faccia agli altri, ho deciso di sguinzagliare le mie idee in giro per il mondo, mentre sul mio viso al posto di un sorriso da oca petulante ci sarebbe stato un ghigno malefico-soddisfatto.

 
Ho detto chiaro e tondo come la pensavo riguardo a certe cose:
-       -   E’ da stupidi fare dell’estetica la propria ragione di vita, perché noi con una certa faccia ci nasciamo e sarebbe molto più intelligente migliorarsi interiormente. Perché un uomo salamandra può essere ripugnante agli occhi, ma se ha passato la sua vita a ragionare su se stesso e sugli altri è degno di stima. Mi dite che meriti ha una/o ragazza/o con una faccia da svenimento momentaneo che non ha idea di chi sia Bukowski ma che sa a memoria Twilight?
-       -   È nuovamente da cerebrolesi cambiare personalità in funzione di dove stai e con chi stai. Significa che alla fine dentro non hai un cazzo e per controbilanciarti ti riempi di ciò che ti circonda. Nuovamente degno di trattorata in faccia.
-       -   È da codardi non esporre le proprie idee per paura di essere giudicati; se non  si ascolta ciò che gli altri hanno da dire è impossibile vedere le cose da diversi punti di vista, e quindi si avrà sempre una visione superficiale delle cose.

Ovviamente questo mio modo di pensare non ha riscosso particolare successo nel mio ambiente.

Ma da quel momento in poi si è innescato in me un processo totalmente inverso, che mi portava a desiderare qualsiasi cosa fosse al di fuori  di quello che io consideravo un modo fittizio di sorrisi fittizi e parole fittizie.

Da quel momento in poi ho sempre cercato un posto dove sentirmi pienamente a disagio.

Avete presente le feste di diciott’anni? Quelle dove per ideale comune ci si deve andare vestiti da damerini impagliati? Ecco, io sono quella che si presenta con una tutina da Superpippo e un carciofo appuntato a mo’ di garofano.

-Rododendra, questo è puro e semplice EGOCENTRISMO.

No, non è egocentrismo.

Io desidero solo poter essere me stessa e dimostrare al mondo che anche nei momenti in cui ci si dovrebbe sentire a disagio io rimango esattamente al mio posto, con la mia testa e le mie idee.

E che per cambiare il mio punto di vista non basta un sorriso da gallina giuliva.

martedì 11 gennaio 2011

ABBASSO LE BEGONIE!

-Ma dico, che diamine è un rododendro?!

Si chiederanno  quelli di voi che hanno scarsa conoscenza di termini anticonvenzionali.

Ebbene, un rododendro è una pianta appartenente al genere Rhododendron della famiglia delle Ericaceae, originario dell'Eurasia e America. Il nome deriva dalle parole greche ῥόδον (rhodon, rosa) e δένδρον (dendron, albero). Tale genere comprende oltre 500 specie, infiniti ibridi e varietà, di piante arbustive, che vanno da 40 a 90 cm

Grazie Wikipedia.

-Ok, ora che mi hai insultato e hai fatto la figura dell’anticonformista yeye oltre che la deficiente che cerca le voci su Wikipedia, mi spiegheresti cosa cazzo c’entrano i rododendri con un blog?

È abissalmente semplice.

Io AMO i rododendri.

Anzi, ciò che è più giusto dire è che io amo la musicalità della parola ‘rododendro’.

E’ un po’ come quando ascolti per la prima volta una canzone, che so, dei Led Zeppelin o dei Pink Floyd, e non capisci assolutamente un cazzo delle parole del testo ma comunque pensi <Wow, questa sì che è musica!>

Ecco, la parola rododendro suscita in me lo stesso effetto. Perché dai, in fondo le parole sono solo un ammasso di suoni al quale noi volgiamo assolutamente dare un senso perché ci sentiamo i padroni del mondo.

Wow, che figo, in poche righe ho pure fatto la figura della misantropatantosiamotuttitestedicazzo.

Comunque, sono sicura che anche voi provate un amore smisurato per un oggetto che a parere di altri è solo un ammasso di merda. Potrebbe essere un vecchio peluche che voi vi ostinavate a chiamare Teddy nonostante sia un caimano, potrebbe essere un disegno di quando eravate piccoli e disegnavate ancora le braccia che partivano direttamente dalle orecchie e le gambe somiglianti a quelle di un airone cenerino (descrizione tratta da un vero disegno che ora è poggiato alla mia destra. O sinistra, sono ambidestra e non ho mai capito la differenza). Potrebbe essere anche una testa di cazzo, del quale siete assolutamente certi che sia una testa di cazzo ma nonostante questo gli volete bene o, perché no?, lo amate.

E poi ammettetelo, i rododendri hanno dei fiori niente male.

P.S. A prescindere dai vostri commenti, dalle vostre impressioni e/o dai vostri insulti, io continuerò a scrivere su questo blog, semplicemente perché se mi tenessi dentro tutto quello che provo esploderei in un notevole PATABUM! che farebbe volare schegge del mio cervelletto in giro per l’atmosfera. E non sono sicura che sia un bello spettacolo. Diciamo che lo è per gli amanti dello splatter. Ok, basta divagare questo post scriptum è diventato una nota a parte.
Ah, un ultima cosa: grazie a tutti quelli che continuano a supportare (leggasi sopportare) me stessa medesima e quest’ennesima prova d’egocentrismo che vi offro.
E grazie alla Regina degli Pterodattili per il banner. Ti amo lupadattila!