mercoledì 30 marzo 2011

Le persone si innamorano perché hanno bisogno d’insalata.


- Dottore, mio zio è pazzo. Crede di essere una lattuga!
- Lo porti qua, che vediamo di curarlo.
- Dica è scemo? E poi io come la faccio l’insalata?

Ah, l’amore.
I film non parlano d’altro, i romanzi ne sono diventati intolleranti e sembra che tutto ruoti attorno ad esso.
Se esiste però un momento in cui il mondo per un momento si ferma e finalmente tace, è quando viene posta questa domanda: ma alla fine, che cos’è l’amore?

Nessuno risponde.
Silenzio in sala.
Un timido personaggio nascosto da un cristone seduto davanti a lui alza un’inferma mano e dice con tono incerto: - Un sentimento?
Brusio in sala.
Un coraggioso e avvenente damerino impagliato si alza e declama a voce piena: - Come si può declassare a ‘sentimento’ qualcosa come l’amore, che smuove i popoli e corrompe i potenti?
-E allora come classificarlo scusa? - , dice un anonima voce da un’altra parte della sala.
Di nuovo silenzio.

Immaginatevi questa scena e ripetetela all’infinito: non avrà mai una conclusione decente.
Ci sarà il fisico che dirà che ci innamoriamo perché gli atomi negativi tipicamente maschili hanno bisogno di atomi positivi tipicamente femminili e quindi ci attraiamo e mi fermo qui perché la fisica è un mio handicap; gli animalisti diranno che sono molto più evoluti gli animali che non hanno bisogno di certe futilità e che quindi dovremmo avere più rispetto per le altre specie viventi, buttare taniche di vernice addosso alle pellicce di gente ricca e superficiale ed andare in giro vestiti da mucche che vengono fucilate una per una per sensibilizzare all’argomento i bambini (che poi ne usciranno solo irrimediabilmente traumatizzati); i poeti diranno che l’amor è come un bocciuol di rosa che candidamente si posa sul suolo fangoso di un laghetto di bosco, e lentamente si muta in farfalla per spiccare un volo che racchiude in se l’allegoria della vita stessa.
Insomma chi ne ha più ne metta, non ci sarà mai nessun personaggio che azzittirà gli altri e porrà fine a questa assurda recita.

(Pausa ad effetto per rendermi più credibile)

Indefinibile.
A volte futile.
A volte necessario.
Insostanziale.
Preferibilmente evitabile.
Detestabile.

E allora spiegatemi perché ci si innamora ancora.
Potremmo decidere per accordo comune di smetterla.
Un giorno ci si alza e al tg della mattina invece di sentire di Gheddafi che bombarda la gente e Berlusca che sta lì a leccargli il culo la signorina presentatrice dal tono saccente dice: - E’ stato firmato ieri sera l’accordo chiamato ‘Soppressione Amorosa’ , d’ora in poi il mondo è libero dal circolo vizioso più opprimente mai inventato dopo lo psicologo.

Non accadrà mai.

Perché non accadrà mai?
Ma perché abbiamo bisogno di insalata.
Abbiamo bisogno di quell’inconcludenza, di quella paura, di quella incomprensione che a volte porta alla comprensione e a volte alla distruzione. 

-Non ha senso quello che dici.

Eppure si continua ad aver bisogno di insalata.

O forse quello di cui abbiamo bisogno è solo di clorofilla.
Ma questo è un altro post.

domenica 6 marzo 2011

Schizofrenia.


-Uh, è mattina! Oddio cosa si fa di solito di mattina? Bah non importa, sono in ritardo per la metro! (Si dimentica che la mattina solitamente si fa colazione)
- In questa casa non c’è mai un cavolo da mangiare, stanotte ho dormito di merda, non ho studiato nulla, ho rotto l’ombrello e fuori piove pure!
- Chissà a cosa pensa la gente quando aspetta la metro? Quello forse è nervoso perché ieri è venuto a sapere che l’estinzione dei dodo è stata causata da degli uomini come lui. In effetti la cosa turba anche me. Chissà perché quello sta sempre a maniche corte anche a dicembre, forse è un esquimese mal adattato? Toh guarda! Un uccellino sulle rotaie! Ah ah ah! Che carino mentre tutti sono qui a borbottare lui se ne vola dove vuole!
- Perché c’è sempre così tanta gente alla metro? Non hanno un cazzo da fare la mattina? Devono per forza fare tutti ritardo e rompere perché c’è così tanta gente di mattina? Cioè anch’io mi sto lamentando, ma io mi lamento di loro che si lamentano e cazzo quando arriva la metro?!
- Ah prof, a proposito dei compiti! Non ho studiato perché ieri mi sono messa a comporre un sonetto metafisico con tema principale un pesce palla che credeva di essere un’aringa!
- La sua materia fa schifo, lei la insegna da schifo e io non ho minimamente intenzione di passare la mia giornata a leggere quel libro scritto da schifo.
- Com’è passata in fretta la giornata leggendo Rat Man! Dovrei farlo più spesso, così poi non sarò stanca nel pomeriggio e posso fare qualcosa di divertente. A proposito, com’è che si chiamava quel tizio che dipingeva le fragole di blu per far finta che fossero fragole aliene e diventare famoso? O forse era solo un mio sogno?...
- Domani faccio sega. Un’altra giornata a far finta di riuscire a sopportare certi stronzi e mi rinchiudo in un barile. Ed è meglio che dentro ci sia del rhum va.
- Oggi mi va di fare quattro passi, tanto l’autobus è in ritardo. Ah, una persona mi sorride! E pensare che magari qualcun altro avrebbe pensato ‘ma che cazzo vuole questo qua?’. Ormai non si sa più ricambiare nemmeno un gesto gentile. Come siamo caduti in basso. Fossero tutti come lui magari il mondo sarebbe un posto migliore.
- Ma che cazzo vuole questo qua? Se devo incontrare certi decerebrati è tutta colpa di questi cazzo di autobus non sono mai in orario! Voglio mangiare, ho fame Giuda ballerino!
- Credo mi metterò a disegnare il tizio delle fragole blu. O erano ananas?
- Non mi va nemmeno di disegnare. Tanto cosa voglio ottenere proiettando su un foglio le mie fantasie? Basta guardare fuori e tutto si distrugge.
- Forse dovrei essere più concreta…
- Forse dovrei essere più gentile e flessibile…
- Una tazza al contrario somiglia alla testa di un’ape!
- Non fanno altro che farmi incazzare.
- Ho dimenticato cosa dovevo fare.
- Qualsiasi cosa dovessi fare sarebbe stata la solita routine, meglio continuare a non ricordarselo.
- Se un cucchiaino riflette il mondo distorto e al contrario da una parte e dal verso giusto dall’altra è possibile che davvero esistano due me; entrambe storte ma ognuna con una prospettiva diversa del mondo. Se così fosse è un cucchiaino davvero molto saggio.
- Non vedo quale sia il problema. Ora solo perché un cucchiaino riflette in due modi diversi non significa che devo cercare di raddrizzarmi. Se lui è ambiguo non sono affari miei.
- Cavolo ho finito la china!
- Cavolo ho finito gli insulti.
- Ah ah, senza accorgermene ho scritto un post!
- Fatevelo piacere, STRONZI.

sabato 5 marzo 2011

Perché la gente crede che io sia falsa.


Salve gente.
Oggi vorrei trattare di un argomento che suscita in me emozioni negative.
Molti miei conoscenti  dicono che io sia una persona falsa, che esagera in tutto per farsi notare, per apparire diversa, per essere in pratica la solita adolescente che rompe i coglioni altrui, sicura del fatto che se lo farà verrà notata e rispettata da tutti.

Voi dovete capire adesso, che sono divisa da due recensioni di me completamente differenti:
Quella sopracitata, che mi dipinge come un’eccentrica ragazzina in cerca della propria identità e del proprio ruolo nel mondo, e invece quella di tutti i medici e strizzacervelli da cui mi sono fatta visitare, che mi rimproverano apertamente di eccessi di timidezza, di nascondermi continuamente reprimendo ogni mio possibile sfogo (a parte quello rabbioso, ovviamente) e di non riuscire ad essere me stessa nemmeno in presenza dei miei genitori.

Ora io mi domando: ma a chi dare retta?
Dire che non me ne fotte di entrambe le opinioni è quanto mai falso, perché non sono una persona talmente orgogliosa da pensare di poter stare al di sopra di ogni giudizio, umano o divino che sia.

Alla fine non ho ancora scelto quale delle due sia l’opinione giusta, ma a una conclusione ci sono arrivata: qualsiasi fosse l’opinione alla quale avrei deciso di dare credito, io non sarei cambiata di una virgola.
È giusto far notare i difetti altrui per migliorare le persone, ma emettere sentenze del genere  a freddo non aiuta nessuno.
Se volete davvero migliorarmi, conoscetemi, interagite con me.
Il mio rispetto va guadagnato, non è una cosa che dono al primo che passa.
Prima dimostratemi di essere persone a cui dare credito, poi, forse, ne riparliamo.

giovedì 3 marzo 2011

L’umanità va a cena.


Organizzatrice della serata, ovviamente, è Camille. È una donna attraente, paffuta, femminilissima, genere quadro di Renoir; la dilatata di Corman; la venerea della classificazione antica; estroversa, socievole, cicliotimica secondo Kretschmer. Perfetta padrona di casa, graziosa, amabile, capace, essa crea intorno a sé un’atmosfera di benevolenza e di gradevole calore; la sua conversazione non è particolarmente interessante, ripetendo  essa per lo più opinioni del marito e del padre o magari del parroco o della radio, con l’aggiunta eventuale di una qualche emozione personale. I suoi giudizi e le sue critiche sono stranamente duri, ingiusti e distruttivi, giacchè il pensiero, la sua funzione inferiore, può giocarle dei brutti tiri.

La casa è messa con gusto e la cucina è eccellente, poiché il marito è esteta e buongustaio e richiede un lusso discreto.

Questo marito, Andrew, è infatti un esperto di quadri antichi e collezionista d’oggetti d’arte  e possiede una splendida biblioteca. I suoi autori sono Huysmans e Oscar Wilde nelle cui opere ritrova sé stesso. Tanto la moglie è chiaccherona, tanto lui è taciturno, e ora è infastidito da questa riunione e non capisce perché mai si debba invitare tutta questa gente priva di interesse che lo costringe ad uscire dalla deliziosa solitudine del suo studio. Tuttavia accetta che la moglie intrattenga vita di società, sapendo, per esperienza, che essa eccelle nell’arte del ricevere e che può fornirgli quel lato estroverso, aperto sul modo esterno, che a lui manca. Costui riceve gli invitati con una diffidenza piuttosto fredda e distaccata e stringe la mano dell’avvocato alla moda (che egli disdegna) dicendogli ‘arrivederci’ invece che ‘buona sera’, atto mancato che la moglie cerca di cancellare raddoppiando la propria cortesia.

L’avvocato in questione, Loreto, è arrivato per primo: è un tipo ben inserito nella vita, che ha fatto studi brillanti e che sta iniziando una promettente carriera politica. Per quanto giovane, ha già acquisito una certa fama di oratore, è chiaro nei propri giudizi, di una logica perfetta, capace di convincere il pubblico con la forza delle argomentazioni, sempre fondate sui fatti. Il pensiero astratto lo interessa meno, giacchè eccelle soprattutto nel senso pratico e nelle qualità organizzative, ed emette giudizi basati essenzialmente su fattori provenienti dall’esterno, ossia su valori trasmessi dalla tradizione, dall’ambiente, dall’educazione. Si orienta sulla base di dati oggettivi.

Un po’ più tardi arriva l’uomo di affari in vista, il grande industriale, accompagnato dalla moglie.

L’industriale, Serafino, è un uomo di buon senso, attivo, sempre indaffarato, pratico, pieno di iniziative; dirige con autorità e intelligenza un vero e proprio esercito di impiegati, e le sue giornate sono stracariche di occupazioni varie, commerciali e sociali. Spesso, tuttavia, manca di previdenza, ragion per cui afferra le cose solo quando sono diventate realtà palpabili. È ben vestito, ma in certo qual modo ordinario, privo di distinzione e delicatezza, rumoroso, parla troppo, beve parecchio ed è un formidabile mangiatore (il tipo dilatato di Corman).
Nessuno capisce questa coppia o piuttosto il legame che la unisce. La moglie, Kira, infatti è silenziosa ed enigmatica, come un’acqua tranquilla e profonda. Ma quello che più sorprende, e che suscita l’interesse della padrona di casa, specialista in relazioni umane, è l’influenza che questa giovane donna, apparentemente insignificante, esercita sul marito, il quale le è sottomesso, la cerca con gli occhi quando si allontana e su tutto chiede il suo parere. Essa incarna per lui l’anima, la vita interiore, rimaste in lui del tutto inconsce, di modo che egli fa su di lei una proiezione della propria anima.

Kira non esterna le proprie emozioni, ma le accumula e le interiorizza, col risultato di creare attorno a sé, grazie a questa massa di libido, un’atmosfera di mistero fortemente attraente. Ha una grande passione per la musica, la più pura espressione di ciò che prova, ed è nell’universo dell’armonia, più che nella stessa esistenza, ch’ella si esteriorizza ed è felice.

Ma ecco arrivare Valeriano, si tratta di un medico, specialista della malattia del sonno, il quale non esercita la professione, dato che il malato non lo interessa minimamente, ma che apporta nel campo della ricerca scientifica – il centro dei suoi interessi – idee personali e una sua propria teoria. La moglie non la si vede mai, giacchè egli non esce con lei, e si bisbiglia che sia ex cuoca, una donna semplice e senza cultura.

Infine, arriva, trafelato,  Adrièn, l’ultimo ospite, un ingegnere aeronautico, il quale, ancora ansimante, si mette subito a parlare della sua ultima invenzione, un nuovo tipo di aereo di rivoluzionaria novità. Ha la mente fervida, ma che, a causa di un senso reale vacillante, non realizza quasi mai i suoi sogni. Parla di un viaggio e di progetti futuri e, quando infine si passa a tavola, ingolla rapidamente le eccellenti portate, senza nemmeno rendersi conto di quello che mangia.

La conversazione si anima: si parla di politica, di teatro, di processi, di cinema.  Serafino e Loreto mantengono viva la discussione.
Valeriano, al contrario, tace, essendo, come molti suoi simili, impacciato e sentendosi a disagio in quell’ambiente mondano; solo verso la fine della cena, riscaldatosi un po’, uscirà dal suo silenzio per mettersi a parlare… della propria teoria sulla malattia del sonno, senza rendersi conto delle reazioni suscitate nei convitati da un simile argomento; è infatti un tipo che commette non poche gaffe, come spesso accade alle persone male adattate al mondo.
Gli uomini lo ascoltano tuttavia con un certo interesse; Lanfranco lo segue, giacchè tutto ciò che concerne il mondo delle idee lo interessa, Serafino pensa all’utilità pratica degli studi sulla malattia del sonno; Andrew, l’esteta, è invece puramente e semplicemente disgustato da un simile argomento che gli disturba la digestione. Ma chi è più da compiangere  sua moglie, la padrona di casa. All’inizio del lungo discorso, essa ha cercato invano si sviare il corso della conversazione, finchè, stanca, ha perso il filo: il pensiero teorico, denudato di ogni sentimento umano, le sfugge ed essa lo sente quasi come un’offesa; il suo volto, poc’anzi raggiante, si offusca e la poveretta si annoia mortalmente. Rinasce a nuova vita solo quando ci si alza da tavola; allora, svelta svelta, porta Kira in camera dei bambini e lì le due donne si ritrovano nel calore dell’amore materno.

Un posto a tavola è rimasto vuoto: era il posto riservato al poeta, Cecile, il quale non è venuto e non ha nemmeno telefonato per scusarsi, avendo semplicemente dimenticato l’invito. Immerso fino a sera nelle sue carte, se ne è distolto solo per recarsi nel ristorantino sotto casa, dove ha mangiato male, essendo a corto di soldi. È fondamentalmente un inibito, allampanato, con una lunga faccia delicata. Siccome vive fuori dal tempo e dallo spazio, perde un’altra mezz’ora a cercare gli occhiali prima di uscire, e così arriva in trattoria troppo tardi. Ma che gliene importa di mangiare male! Via via getta un’occhiata alla Divina Commedia che si è portato dietro. Dopo cena va a fare quattro passi lungo la Senna, sotto il cielo stellato, nell’aria fredda che lo fa rabbrividire (ha dimenticato il cappotto, senza rendersi conto che siamo agli inizi dell’inverno e che la temperatura sta facendosi rigida), e intanto, mentre passeggia, compone un sonetto  metafisico e si sente felice. D’un tratto si ricorda dell’invito a cena, ma ormai è troppo tardi. La dimenticanza è un atto mancato, che esprime benissimo l’apprensione dell’introverso a recarsi in società e la sua estrema timidezza. “Pazienza - pensa  - vuol dire che manderò i miei versi alla padrona di casa e così ella avrà il meglio di me!”
Probabilmente egli realizzerà la sua intenzione, ma Camille sarà in grado di apprezzare un simile dono? Eppure, questo Cecile mal vestito - perché gli introversi spesso si trascurano -, questo povero poeta leggermente ridicolo, co suoi occhi miopi e vaghi, che sfugge il calore umano, i conflitti e le gioie altrui, ha forse composto un poema immortale, che vale tutto ciò che si è lasciato sfuggire.

-L’anima e la scrittura
Rivisitato da Lady Rododendra.

Questo blog non è un blog.

Questo blog non contiene scritti.
Questo blog quasi non contiene immagini.
Questo blog non ha un filo logico continuo.
Questo blog cambia tema ad ogni post.

Questo blog contiene solo pensieri, sogni, dialoghi, prese per il culo e niente di tutto questo; questo blog contiene solo ciò che sono, contiene solo il mio modo di vedere la realtà, contiene solo la mia voglia repressa di comunicare con gli altri.

Non è scritto bene; non ha un fine specifico.

In pratica questo blog non è un blog, come io in realtà non sono una vera aquila.



-Humm humm nel tuo post sul blog, hai dimenticato " io sono io, punto stop." -cit Uno che sa fare delle giuste recensioni.

mercoledì 2 marzo 2011

A volte sono una iena.


Esco di casa incazzata come una belva feroce, o per meglio similitudinare un gorilla al quale hanno appena abbattuto l’ennesima foresta di mangrovie.
Fuori piove a dirotto.
Bestemmie.
Ignorando le folate di vento che trascinano le pecore come leggiadri pollini di pioppo e gli tsunami che scaturiscono dalle pozzanghere, mi incammino in una direzione a casaccio.
Scopro con mio sommo piacere di essermi incamminata proprio nella direzione della discarica.
Et voilà, non poteva assolutamente mancare: un esemplare quasi adulto di essere antropomorfo ancora incompleto cerebralmente (e che probabilmente rimarrà incompleto per sempre) che esordisce con angelico tono:
-Aò! A bona, ‘ndo stai andà?
Al che io rispondo, con tono contenuto:
-Ad una romantica passeggiata ai cassonetti, non noti?
-Stasera ce stà ‘na festa da li amici mia.

(Comincio ad irritarmi).

-Il termine ‘sti cazzi’ ti suggerisce qualcosa?

(Niente, continua).

-Ah ah ah, me piacciono le pischelle come te!
- TACI.
-Oh calmate, stavo solo…
-EVAPORA!
-Vaffanculo, STRONZA!
- Altrettanto, TROIONE!

Lo ammetto, a volte sono proprio una iena.
Non ne vado particolarmente fiera, ma è così.
Take it easy.